Perché continuo a comprare CD nel 2025

Per me la musica è una roba importante.

Ancora prima che nascesse mio figlio, avevo questo pensiero fisso in testa: nella vita questa creatura potrà fare tutte le scelte che riterrà migliori. Potrà votare chi gli pare, credere in quello che vuole, amare chi gli va. Potrà pure decidere di diventare vegano, tatuarsi la faccia o trasferirsi in un ashram in Tibet. Cazzo, spero di no.

Ma MAI e poi MAI mi dovrà portare in casa musica di merda. Questo non è negoziabile.

Davvero, sono più interessato a insegnare a mio figlio che in un mondo non troppo remoto sono esistiti gli Alice in Chains, Bach, Beethoven, i Beatles, Bruce Springsteen, Miles Davis, i Pearl Jam etc che tutto il resto. Tutto il resto, nella mia visione del mondo, se ascolti buona musica, viene di conseguenza.

Se poi questo poveretto vorrà ascoltare la sua musica attraverso lo streaming o attingendo alla collezione di quel migliaio – e passa – di CD lasciati dal papà, saranno cavoli suoi. Questo perché siamo nel 2025 e io continuo a comprare CD come se fossimo ancora nel 1995.

Certo, mi piacerebbe che conosca gli artisti come li ho conosciuti io: un disco alla volta, dall’inizio alla fine, leggendo i testi o le informazioni sul booklet mentre la musica suona. Sarebbe un duro esercizio di concentrazione, in un mondo dove probabilmente l’attenzione media si sarà spostata dai 47 secondi attuali a forse… 20 (?).

Va beh, non voglio sembrare ancora più boomer, per cui andiamo: in questo articolo ti spiego perché da quando ho imparato ad allacciarmi le scarpe colleziono CD, e perché nel 2025 continuo a farlo senza nessuna intenzione di smettere.

In principio era la cassetta. E De Gregori, De André e Guccini. E Gli 883.

Mi sono fissato con i CD all’inizio degli anni ’90. Avevo poco più di 5 anni e un fratello maggiore che portava a casa le cassette di De Gregori, De André e Guccini. Sono stato tirato su con questi tre signori, accompagnati da Bob Dylan e pochi altri cantautori.

Ma il punto di svolta è arrivato quando mi sono fatto regalare per il mio sesto compleanno il mio primo, personalissimo CD: “Nord Sud Ovest Est” degli 883….

Cazzo, ero un bambino e non rimpiango nulla di quegli anni. Lo so, quando dico che mio figlio non potrà portare a casa musica di merda, forse dovrei ripensare al me 6enne che canta “Nord sud ovest est, e forse quel che cerco neanche c’èèèèèè, uo uo uooo”, ma a mia discolpa posso dire che il massimo della cultura musicale dei miei genitori ere rappresentata da alcuni vinili di Fauso Papetti, con relative donnine mezze nude in copertina. Che scoperte ai tempi…

Ricordo ancora il momento in cui ho aperto quella custodia di plastica trasparente, ho tirato fuori quel disco argentato e l’ho inserito nello stereo. Quella roba mi sembrava fantascienza. Molto meglio dei nastri appiccicosi e di qualità discutibile delle cassette.

Da quel momento ho iniziato ad ascoltare musica sui CD e non ho più smesso. Tutte le paghette di nonni, zii e genitori finivano spesi lì, transitando nelle mani del gestore del negozio di dischi in centro città, che mi ha visto crescere. Poi sono passato attraverso gli MP3, Napster, il primo iPod, fino ad arrivare agli odierni servizi di streaming musicale. Ma ogni volta sono sempre tornato ai CD.

E attenzione: non è feticismo per gli oggetti fisici in generale. Per i libri uso tranquillamente l’ebook reader, per le serie TV e i film guardo Netflix. Insomma, non sono un talebano dell’analogico. Termine usato a sproposito, tra l’altro, per i CD. Ma ci siamo capiti.

Sono così intransigente solo per la musica, che per me è una roba importante.

Quando uso YouTube Music

Non fruisco della musica solo con i CD. E non odio i servizi in streaming. Mi sono abbonato a YouTube Premium prevalentemente per vedere i video senza pubblicità e per ascoltarli in background senza tenere l’app accesa. Con quell’abbonamento ho avuto accesso a YouTube Music, che utilizzo praticamente tutti i giorni, solo che con YouTube Music non Ascolto Musica. No, le maiuscole non sono a caso.

Lo streaming lo tengo per quattro situazioni specifiche:

  1. Quando lavoro in ufficio ho quasi sempre musica in sottofondo. Ma appunto, è solo sottofondo – non la tratto come musica da ascoltare davvero. Metto generi lo-fi, jazz o musica classica “poco importante”. Sempre e comunque senza testo, perché se no mi distraggo e invece di rispondere alle email finisco per cantare Even Flow dei Pearl Jam con gli occhi sbarrati davanti allo schermo. In un altro mondo.
  1. Quando invito persone a casa e voglio mettere una lunga playlist senza dover stare lì a cambiare album ogni 45-50 minuti. Vado su YouTube Music, cerco “Rock dinner” o “Jazz dinner” o “Quello che ti pare a te, dinner” e via.
  2. Quando faccio viaggi lunghi non mi porto dietro i miei CD. Li lascio a casa e ascolto musica in streaming, punto.
    – BREVE INCISO: In macchina invece ho sempre un cd dentro il lettore perché… sì, ho una macchina del 2009. Qualità sonora infima. Volume così alto da vergognarsi quando mi fermo a un semaforo e la gente che passa fuori mi guarda male. E via.
  3. Quando cullo mio figlio per addormentarlo: da quando è nato, mio figlio prende sonno in due modi. O al seno (una volta) o in braccio cullato con della musica. Siccome non sono un fan delle compilation in CD e siccome ho bisogno di spostarmi da un piano all’altro della casa, faccio partire sullo smartphone la compilation “NANNA” che ho creato su YouTube Music, e tendenzialmente al termine del secondo ritornello di “The River” di Bruce Springsteen, la prima canzone della playlist, il pargolo è nel mondo dei sogni. Grazie Bruce.

L’inflazione musicale e le mie “Regole di ascolto”

L’inflazione è una brutta bestia. In finanza ne parleremo con calma in un prossimo articolo nella categoria “Finanza Personale“.

L’inflazione musicale è questa brutta roba qui: quando hai accesso a 100 milioni di brani ma non riesci più ad apprezzarne neanche uno perché sai che con un clic ne trovi altri 99.999.999. Il brano che ascolti, l’album, la playlist, perdono di valore. Più musica hai a disposizione e a portata di clic, meno valore dai a quella che stai ascoltando.

Non è una legge fisica, però è così, almeno per me.

Dai tempi di Napster la musica è diventata a costo zero – prima perché piratata, ora perché bastano pochi euro al mese di abbonamento (che puoi anche non pagare, tenendoti la pubblicità, altro cancro dell’esperienza di ascolto).

Ma non è solo il prezzo che si è azzerato: si è azzerato anche lo sforzo. Non devi più cercare il CD nella tua collezione, accendere l’impianto, aspettare che si carichi. Tocchi lo schermo dell’aggeggio che hai sempre in tasca e parte tutto. Tutto semplice, tutto rapido, tutto usa e getta.

E la musica diventa rumore di fondo.

Peccato che nella vita zero fatica = zero valore. SEMPRE (sì, quegli esaltati in palestra con la maglietta “NO PAIN, NO GAIN”, di fatto, hanno ragione).

Ecco allora qualche regola di ascolto che mi sono dato/imposto io.

Prima regola: scegliere consapevolmente

La prima cosa che faccio quando voglio ascoltare musica è alzare il culo da dove sono spaparanzato e andare verso la collezione di cd che tengo in bella mostra in libreria. Ok, in verità non sono tutti in bella mostra. Ne ho così tanti che mia moglie mi ha imposto di tenere una parte di CD in delle scatole chiuse in alcuni armadi. Ho scelto di tenere “nascosti” i cd di jazz e musica classica. Ah… il matrimonio e i compromessi che bisogna fare…

In ogni caso, non apro un’app e non faccio decidere a nessun Mr. Algoritmo quali proposte musicali sbattermi in faccia. Vado fisicamente davanti ai miei CD e scelgo. Questo è il primo atto consapevole, e già cambia tutto.

E quando voglio ascoltare nuova musica, prima consulto https://www.allmusic.com, dove mi sparo biografia dell’artista e recensione del disco che voglio comprare, poi vado su Amazon o Discogs (sì, il negozio di dischi in centro città ora è naturalmente chiuso) e spendo consapevolmente 4 spicci per comprare quel CD sul quale ho raccolto già una serie di informazioni prima dell’acquisto.

Tutta roba che puoi fare anche usando Spotify, o Youtube Music no? Sì, peccato che non lo fai.

Perché? Perché è gratis e perché ce l’hai a portata di clic, cazzo. Quindi non ti metti lì a cercare informazioni, poi ti scegli l’edizione del CD che vuoi tu, poi aspetti che arrivi ecc. ecc. Non lo fai, perché dentro di te ti stai dicendo: “sto perdendo tempo! Faccio prima ad ascoltare due-tre canzoni e vedo se mi piace”.

E non hai capito un cazzo.

Maledetta inflazione musicale. Brutta bestia.

Seconda regola: non serve essere audiofili, basta non essere sordi

Non sono mai stato un audiofilo maniaco – quelli che spendono 2.000 euro per un cavo e sentono la differenza tra l’acqua del rubinetto e quella San Pellegrino nella qualità del suono. Però un minimo di dignità nell’ascolto bisogna averla.

Prima che nascesse mio figlio, avevo fisso in salotto un impiantino hi-fi composto da lettore CD e amplificatore Audio Analogue, serie Crescendo, con casse bookshelf KEF. Comprato nuovo 1000 anni fa tutto a 1.500€ compresi i cavi nel negozio di hi-fi locale. Quindi tutto assolutamente basic (un vero audiofilo potrebbe spendere 1.500€ solo per un cavo…), ma roba decente che faceva il suo lavoro senza vergogna.

Da quando è nato il pargolo ho fatto downgrade e ho dovuto riporre tutto l’impianto in garage, fino a tempi migliori. Quei costosi fili dietro le casse erano troppo irresistibili per lui da non tirare, e sinceramente non avevo voglia di ritrovarmi amplificatore e casse per terra ogni volta che mi giravo di spalle.

Ora ascolto tutto con un lettore CD portatile Fiio DM13 e cuffie a cavo o Bluetooth Sony WH-1000XM3. Fino a qualche mese fa usavo un lettore Blu-ray della Sony – funzionava benissimo anche quello, solo che era un po’ più macchinoso da far partire e dovevo sempre lasciarlo collegato alla tv.

Il punto è: non serve spendere una fortuna, ma nemmeno ascoltare musica dalle casse del telefono. Quella è roba che va bene solo se sei sordo.

CD in 2025

Terza regola: quando si ascolta musica, si ascolta musica. Punto

La musica seria richiede uno stato di concentrazione / trance. Il CD ha il minutaggio perfetto: quarantacinque minuti in cui smetti di scrollare quel cazzo di cellulare come una scimmia idiota e blocchi quei due neuroni che ti sono rimasti sui suoni che ti entrano nel cervello. È una forma di meditazione forzata, solo che invece di ripetere “om” ascolti “Stairway to Heaven”, o quello che ti pare a te.

Ora pensaci: quando è stata l’ultima volta che hai dedicato tre quarti d’ora a una sola cosa senza distrazioni? Senza controllare le notifiche, rispondere ai messaggi, dare un’occhiata alle email, vedere cosa succede su Instagram?

Imponiti sta regola: via il cellulare, mettiti comodo e per i prossimi 45 minuti quella è l’unica attività che devi fare. È roba buona – se è roba buona quella che ascolti – e ti fa staccare da tutto quello schifo a cui sei connesso 24/7. Tranquillo, poi ci ritorni, non temere.

“Ma potrei farlo anche con un servizio di streaming, no?” No, non lo puoi fare. È quel cazzo di smartphone che tieni in mano il problema. Tu, io, ne siamo assuefatti, e non riusciremo mai a staccarci se iniziamo la nostra esperienza di ascolto da quel coso maledetto.

Staccati da quella merda per un po’. È l’antidoto perfetto alla sindrome da attenzione frammentata che ci ha fottuto tutti, me compreso, e che ci sta facendo estinguere intellettualmente come specie umana. Lo penso davvero…

Quarta regola: la musica va ascoltata ad ALTO VOLUME

Ormai ci siamo abituati a sentire – non ascoltare – musica come sottofondo, proprio perché la trattiamo come tale e ne siamo sommersi dal mattino alla sera. E poi, tornando al discorso di prima, la ascoltiamo attraverso “non-dispositivi”. Se tutto va bene abbiamo un paio di AirPods, che è già tanta roba rispetto alle cassette del telefono. Ma di nuovo: se hai gli AirPods addosso, al 99% sono collegati allo smartphone. E se stai ascoltando dallo smartphone, non stai ascoltando davvero (vedi regola numero 3).

La musica va ascoltata ad alto volume, tutti i generi, tranne la musica classica. La musica classica va ascoltata a volume ALTISSIMO perché devi cogliere tutte le sfumature. Altrimenti è come andare in una sala da concerto e chiedere al direttore se può far suonare l’orchestra un po’ piano perché ti dà un po’ fastidio quel crescendo delle percussioni…

Ho giusto tra le mani ora (e infilato nel lettore CD) il bellissimo album “Disintegration” dei Cure. Nel booklet, nella sezione credits, c’è un’ultima frase scritta in stampatello maiuscolo: “THIS MUSIC HAS BEEN MIXED TO BE PLAYED LOUD, SO TURN IT UP”.

Mai una frase così azzeccata.

Disclaimer: genio del male, quando dico ad alto volume, non ti sto dicendo di fotterti i timpani. Quando è troppo forte lo capisci anche tu no? Non fare il pirla con il tuo udito.

Una resistenza “silenziosa”

Combatti, combatti, combatti.

Combatti se pensi che più veloce, più scelta, più facile non sia sempre meglio. Ascoltare CD è una delle poche battaglie che ho deciso di affrontare contro un mondo che ha trasformato tutto in una poltiglia senza valore. Compresa la musica.

La minoranza di “sfigati” di cui sono fiero di far parte – coloro che considerano la musica una roba seria – è desintata a diventare sempre più minoranza, ma non importa. Non abbiamo nulla da perderci.

L’unica cosa che mi spaventa è che tra 30 anni – se non sarò ancora schiattato – forse non esisteranno più lettori CD. Ho una paura folle che i miei dispositivi prima o poi si romperanno e non troverò pezzi di ricambio. Qualcosa mi inventerò.

Fino a quel momento continuerò a comprare CD. E continuerò a pensare, forse da scemo, che la collezione di quel migliaio e passa di album che lascerò a mio figlio abbia un valore intrinseco uguale se non maggiore a quel capitale che ho inizato ad accumulare per lui dall’anno -0.75 (cioè dal momento in cui è stato concepito).

Nel frattempo riflettiamo su quelle poche cose nella vita per cui vale la pena di vivere, e combattere.

Lascia un commento se anche tu fai parte della schiera dei resistenti.

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *